strumenti chirurgici

Il caso Nina Moric. Quando le paure cercano risposte nel bisturi.

Che è cosa è successo a Nina Moric?
È stata questa una delle domande che negli scorsi giorni è rimbalzata sulla Rete, di social in social, dopo che la modella croata è tornata in tv a seguito di una lunga assenza.
La showgirl, finita sotto i riflettori per una resa dei conti con il partner, è apparsa del tutto irriconoscibile non solo per la notevole magrezza fisica, ma anche per l’evoluzione dei tratti somatici le cui caratteristiche hanno scatenato la curiosità dei commentatori 3.0. E’ stata sempre lei a rispondere alle insinuazioni (a volte ironiche, altre cattive) negando qualsiasi intervento chirurgico. Andando oltre la vicenda che interessa la modella croata, ciò che invece fa riflettere è il legame sempre più stretto tra il ricorso alla chirurgia estetica e le debolezze umane.
Si tratta di una valvola di sfogo che interessa principalmente le donne, anche se negli ultimi anni in egual modo l’universo maschile si è piegato alle armi della chirurgia plastica per ottemperare insicurezze e paure di qualsiasi natura.
Ricorrere al bisturi è la moda più frequente dei tempi contemporanei. Rifarsi il seno, gonfiarsi labbra e zigomi, tagliuzzare alcune aree del corpo per sembrare più magri, tutti stratagemmi direttamente relazionabili a uno stato psicologico non del tutto stabile che poco, o niente, ha a che vedere con l’eterna ricerca della giovinezza.
Gli anglosassoni la chiamano elective surgery, che raccoglie tutti quegli interventi chirurgici non necessari in senso clinico di cui è innanzitutto il paziente a ravvisare la necessità: un seno più voluminoso, meno grasso sui fianchi, il naso alla francese, o le infiltrazioni di collagene sulla pianta del piede per rendere più comode impossibili calzature dai tacchi vertiginosi. La chirurgia estetica, in cui il naturale rapporto fra il medico e la persona malata si trasforma nell’inedito rapporto fra il medico e la persona sana, è un business a tassi di espansione elevatissimi, complici le innovazioni tecniche e scientifiche che aprono al bisturi frontiere sempre nuove e la ‘democratizzazione’ dei sistemi di pagamento (finanziamenti, rateizzazioni), che permette a tutti (o quasi) di sostenerne i costi non indifferenti.
Secondo i dati pubblicati dall’American Society for Aesthetic Plastic Surgery, gli interventi più richiesti nel 2007 sono stati la liposuzione, la mastoplastica additiva (aumento del seno), la mastoplastica riduttiva (riduzione del seno), la rinoplastica (rifacimento del naso) e il lifting. Ma se si cerca di indagare sull’utilità di ciascun intervento si ottiene la risposta più temuta: il 99% di questi non ha a che vedere con un miglioramento della salute ma con una estrema ricerca di autostima.
Sono i chirurghi i primi a sottolineare l’importanza di una collaborazione tra loro e uno psichiatra, per determinare la vera motivazione alla base del miglioramento chirurgico e per evitare interventi di chirurgia estetica su pazienti che presentano disturbi psichiatrici, i quali non potrebbero beneficiare in nessun modo dell’operazione. Pertanto, per i Prometeo della chirurgia alla base di ogni intervento sarebbe più che mai necessaria una valutazione psicologica.
“Quando si lavora sull’aspetto fisico – afferma Giuseppe Polipo, presidente dell’Associazione italiana psicologia estetica – bisogna innanzitutto capire se si ha a che fare con una serena aspirazione a migliorarsi, o se si è in presenza di problematiche che richiedono un supporto psicoterapeutico. Non è raro, ad esempio, trovare disturbi depressivi, ansiosi o ossessivi, associati a inestetismi vari (acne, alopecia areata, disturbi del comportamento alimentare), né è inusuale ricevere pazienti in età avanzata (75-85 anni) che hanno rapporti con figli e nipoti di scarsissimo valore affettivo e che cercano nella chirurgia estetica una impossibile, nuova giovinezza”.
Autore: Alessandro Notarnicola

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