Per esprimere la durata del tempo, lingue differenti ricorrono a rappresentazioni mentali diverse, basate sulla distanza o sul volume. Una barriera che le persone bilingui non avvertono
Se siete inglesi, quella dedicata al caffè sarà una pausa ‘breve’. Se invece siete spagnoli, o italiani, definirete lo stesso intervallo come una ‘piccola’ pausa. Ciò che potrebbe sembrare un dettaglio non influente, nasconde una diversa concezione del tempo che, radicata nel linguaggio, influenza la nostra intera percezione
Il cervello dei bilingui è abituato a saltare rapidamente da un vocabolario all’altro, spesso inconsciamente, in un fenomeno chiamato “code-switching”. Tuttavia, lingue diverse possono basarsi su punti di vista differenti che condizionano l’organizzazione di ciò che ci circonda. I ricercatori si sono perciò interrogati se la transizione da una lingua all’altra comporti in questi soggetti anche un cambio di prospettiva. I ricercatori si sono concentrati sulla diversa rappresentazione dello scorrere del tempo, sottoponendo alcuni volontari bilingui per lo svedese e lo spagnolo a una serie di esperimenti.
Al pari degli inglesi, gli svedesi percepiscono il trascorrere del tempo come uno spostamento spaziale. Linguisticamente, la durata degli eventi fa perciò riferimento a distanze fisiche come appunto, una ‘breve’ pausa oppure un ‘lungo’ matrimonio. Così non è per spagnoli, greci e italiani che associano la durata a un aumento di volume, preferendo formule come ‘piccola’ pausa e ‘grande’ matrimonio’.
Negli esperimenti, i soggetti bilingui dovevano quantificare la durata di un intervallo di tempo basandosi sul progressivo allungamento di una linea oppure sul graduale riempimento di un volume, entrambi proiettati su uno schermo ma non necessariamente sincronizzati tra loro. Le istruzioni erano fornite in spagnolo, attraverso il comando ‘Duración’, oppure in svedese, attraverso la parola ‘Tid’ che significano entrambi ‘durata’.
Quando il comando era dato in spagnolo, i volontari basavano la propria stima sul riempimento del contenitore, senza essere influenzati dalla progressione della linea. Viceversa, se il segnale era fornito in svedese, essi erano portati a valutare l’avanzamento della linea, ignorando il contenitore.
In questa ottica, il bilinguismo rappresenta un’esperienza preziosa e in grado di modificare la struttura della nostra mente, il nostro modo di pensare, percepire, reagire agli stimoli.
Passare rapidamente da un compito all’altro, subendo in misura minore l’interferenza di stimoli irrilevanti.
Il cervello dei bilingue è più resistenze all’insorgere di malattie neurodegenerative. In media queste persone sembrano sviluppare l’Alzheimer 4 o 5 anni più tardi dei monolingue. E come conferma un recente studio italiano, anche quando soffrono di questa malattia dimostrano una maggiore resistenza ai suoi effetti debilitanti, mostrando un declino più lento delle capacità cognitive rispetto ai pazienti monolingua.
Parlare perfettamente due lingue è utile nel lavoro, espande gli orizzonti personali e culturali. Ma non solo: il bilinguismo è un’autentica palestra per il cervello, che fornisce una marcia in più al ragionamento, alla memoria, e aiuta a tenere lontani disturbi dell’invecchiamento, demenze e malattie neurodegenerative.
Anche in caso di ictus il cervello dei bilingui sembra più resistente. Uno studio pubblicato nel 2015 sulla rivista Stroke ha dimostrato infatti che i bilingue hanno una probabilità doppia di evitare l’insorgere di problemi cognitivi dopo un ictus rispetto alla popolazione normale.
Esprimersi fluentemente in due lingue aiuta a sviluppare le proprie capacità comunicative. Un esperimento realizzato nell’Università di Chicago ha dimostrato infatti che sottoposti a test che valutano la capacità di comprensione linguistica, i risultati dei bambini cresciuti in case in cui si utilizzano più lingue superano circa del 20 percento quelli dei bambini monolingua.
Il bilinguismo influenza la creatività, aiutando a trovare nuove soluzioni per i problemi che si affrontano quotidianamente. Anche in campo matematico: una ricerca del 2012 ha evidenziato che i bambini bilingue hanno un approccio più creativo dei loro coetanei monolingue nella soluzione di problemi e quesiti matematici. (ANSA)
Per i bilingue è più facile imparare nuove lingue. In uno studio della University of Haifa i bambini bilingue hanno mostrato risultati superiori del 13% nell’apprendere una terza lingua, rispetto a bambini mononolingue.
Alcune ricerche sembrano indicare differenze importanti anche nella percezione visiva dei bambini bilingue. Uno studio pubblicato sulla rivista Psychological Science ha analizzato ad esempio la capacità di bambini bilingue e monolingue di distinguere tra loro inglese e francese guardando solamente i movimenti delle labbra dei parlanti. I risultati hanno dimostrato che i bambini bilingue ottengono risultati molto migliori.
Fonte:repubblica.it