Il neuropatologo Bennett Omalu documentò i danni neurologici causati dalla pratica del football americano mettendosi contro la lobby della National Football League.
Una storia vera che esce allo scoperto, anche grazie ad un film: Zona d’ombra.
Il dottor Omalu scoprì, negli anni Novanta, la causa di strani casi di suicidi e follia riportati da ex-campioni di football in età non superiori ai cinquant’anni: i forti colpi subiti alla testa durante partite e allenamenti. Di conseguenza encefalopatia traumatica cronica. ETC appunto.
Si tratta di una malattia neurodegenerativa che provoca sintomi quali demenza precoce, perdita di memoria, episodi di aggressività incontrollata e depressione. Ne sono affetti molti giocatori della Nfl, che passano molto tempo della loro vita a subire traumi alla testa durante azioni di gioco.
Anche se sono passati ormai 12 anni, ancora non riesco a credere a quanto sono stato coraggioso e audace in quella ricerca”. Ha affermato recentemente Omalu su quella pubblicazione che fece tremare l’NFL. “Per 12 anni sono stato attaccato e ferito. Quel documento era molto idealista ma non c’è nulla che non sia stato confermato da ricercatori indipendenti”.
Il film getta luce su una storia poco conosciuta e una lobby potentissima.
Al cinema negli States, è stato uno dei grandi esclusi dagli Oscar. La performance di Will Smith, che interpreta Omalu, probabilmente meritava una nomination, ma forse stavolta ha pesato, più del colore della pelle, la lotta di Davide contro Golia.
Questo medical thriller tenue nei toni, racconta in maniera lucida e concisa il senso del dovere, il discredito, umiliazioni e minacce inferti al patologo africano per aver osato scalfire con una ricerca scientifica un’istituzione gloriosa e fruttuosa come il football americano.
Un giocattolo che con le sue valanghe di milioni di dollari compie anche atti benefici per le comunità statunitensi, finanziando scuole e ospedali.
Ma che all’interno del casco ha lasciato esposti testa e cervello dei giocatori a urti insostenibili per l’uomo.
Fonte:ilfattoquotidiano.it