Come sviluppiamo il nostro gusto da piccoli.

Impariamo ad amare certi cibi ancora nel grembo materno, poi arriva il momento in cui ogni sapore ignoto diventa minaccioso.

Ma i genitori hanno varie frecce al loro arco.
Lo svezzamento è forse il primo dei riti di passaggio della vita, quando i cibi solidi fanno per la prima volta il loro ingresso nella nostra alimentazione.

Impossibile ricordarsi di quei momenti, ma ciò che cuciniamo oggi per pranzo potrebbe essere il risultato di quelle scelte, fatte per noi, più di quanto immaginiamo.

Liquido amniotico al curry. Iniziamo con un piccolo passo indietro. Secondo la storica dell’alimentazione Bee Wilson, gli adulti cercano nel cibo gli stessi sapori con cui hanno preso confidenza durante lo svezzamento. Ma il nostro palato, inteso come maggiore o minore gradimento per alcuni sapori, si sviluppa anche prima: negli anni ’90 diverse ricerche hanno già dimostrato che l’aroma e l’odore del liquido amniotico e del latte materno sono influenzati dai cibi e dalle spezie assunti dalla madre.

Insomma, già nel grembo e durante l’allattamento familiarizziamo con l’alimentazione tipica della nostra cultura.

Ketchup alla vaniglia. Un imprinting a cui non è immune neppure chi è cresciuto a latte artificiale e pappe industriali.

Nel corso di un ampio test condotto in Germania tra l’inizio e la fine degli anni ’90 fu chiesto a dei volontari di assaggiare del ketchup aromatizzato alla vaniglia. Per molti aveva un sapore sgradevole, ma la maggioranza di chi lo trovava saporito era stata, guarda caso, alimentata da piccola con latte artificiale aromatizzato con vanillina. Amy Bentley, professoressa di Scienze dell’alimentazione alla New York University, è convinta inoltre che gli omogeneizzati utilizzati in passato, più artificiali e ricchi di glutammato, sale e zucchero di quelli odierni, abbiano influenzato negativamente il gusto di intere generazioni.
La finestra dei sapori. L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento al seno fino ai sei mesi. Se è vero che fino a quel momento un bimbo non ha bisogno di altre fonti nutrizionali, studi più recenti mostrano l’esistenza di una “finestra dei sapori”. L’espressione fa riferimento a un periodo tra i quattro e i sette mesi, durante il quale i neonati sono estremamente ricettivi a cibi con sapori e consistenze inedite. Per questo motivo alcuni ricercatori iniziano a riflettere se gli alimenti solidi non andrebbero introdotti un po’ prima di quanto si usi fare, ruotandoli frequentemente e dando priorità a cibi notoriamente meno appetibili ai più piccoli, amari, come spinaci, broccoli e cavolfiori. Un approccio sperimentale che di certo farà discutere.

Se i primi passi alimentari influenzano le nostre preferenze future, non bisogna dimenticare che con il tempo anche altri fattori, per esempio sociali, determineranno le scelte del bambino.

Ma a differenza di quanto si pensa normalmente, anche da grandi possiamo imparare ad amare nuovi cibi. A questo proposito, gli esperti sono convinti che le tecniche “piccoli assaggi” e “piatto A-piatto B” offrono buoni risultati a qualsiasi età. Ma di certo tutto diventa più facile con delle buone motivazioni: a chi non è mai capitato, per amore o durante un viaggio, di apprezzare dei cibi fino a quel momento ritenuti immangiabili?

Fonte: focus.it

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